Blonde: spiegazione del film su Marilyn Monroe
12/20/2022Di film e documentari sulla diva delle dive ce ne sono infiniti: Marilyn Monroe è stata un’icona, ed ancora oggi continua ad esserlo. In tanti hanno deciso di omaggiarla, di raccontare la sua particolare e spesso misteriosa storia. Una storia che è essa stessa un film. Anche Netflix quest’anno ha deciso di raccontare questa storia in un modo del tutto particolare. Dopo che ad aprile è uscito il documentario I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti, la piattaforma streaming ha deciso di promuovere una pellicola che ha destato scalpore: si tratta di Blonde, il film diretto dal regista australiano Andrew Dominik, uscito il 16 settembre 2022.
E’ questo un film del tutto rivoluzionario, una pellicola del genere non si era mai vista finora: per lo più girata in formato 4/3, ormai da molto caduto in disuso, il film cambia e si evolve durante il corso della vita di Marilyn (Ana de Armas), e durante la sua decadenza emotiva. Il formato cambia, il film parte in bianco e nero, per poi colorarsi, e poi ritornare in bianco e nero, ancora una volta a colori. E così per tutta la durata del film in quello che sembra un incomprensibile gioco tecnico senza senso, ma il senso ce l’ha. In molti, però, non sono riusciti a coglierlo.
L’attenzione, d’altronde, è stata rivolta principalmente ai fatti che vengono narrati, piuttosto che al lato artistico. Blonde è stato criticato per non essersi attenuto ai fatti realmente accaduti, per aver portato sul grande schermo un film biografico che risulta però finto. Difatti, alcuni eventi raccontati nel film non sono mai stati del tutto accertati.
Dal canto suo il regista si è difeso dicendo che lui era intento a portare sul grande schermo un film bello, fatto di immagini, mentre l’attenzione per la realtà passava in secondo piano. Ha poi ribattuto più volte che nessuno sa come siano andate davvero determinate cose e che i fatti da lui raccontati su basano sull’omonimo libro scritto da Joyce Carol Oates nel 1999 e da alcune ricerche personali fatte da lui. Nel film, infatti, egli ricrea fotografie ritraenti la diva delle dive che ormai sono passate alla storia, facendole prendere vita, facendole diventare attimi, istanti da poter rivivere ancora. Con un rallenty stupendo il suo vestito bianco si alza al vento, e lei sorride. Un immagine stupenda quella ricreata da Dominik, che è riuscito a fare ciò che si era permesso di fare.
Ma le critiche lo hanno tempestato, facendo passare in secondo piano l’intento del regista. Non solo i fatti raccontati, ma anche il come ha ricevuto parecchie critiche. Dominik è colpevole di aver fatto apparire Marilyn Monroe come una donna totalmente priva di coscienza e di spirito d’iniziativa. Come una bambola, che ha ottenuto il successo per sbaglio, che tutto ciò che si è guadagnata è arrivato dal sesso. Che lei appare felice solo quando sposata o incinta. Colpevole di aver banalizzato un’icona e di non averla fatta apparire tale, come una donna forte. Una donna forte con i suoi demoni interiori ma che si è guadagnata un posto sul tappeto rosso, così è come il mondo vorrebbe che lei apparisse. Niente attenzione alle emozioni di lei.
Ed è questo ciò che fa Dominik in Blonde: pone attenzioni sulle emozioni di Marilyn Monroe, su ciò che lei aveva dentro. Lei era una donna insicura, causa il suo passato e la sua infanzia traumatica. Era alla ricerca di qualcuno che l’amasse. Credeva che amore fosse il pubblico, per poi scoprire l’amore affettivo di un compagno, ma le sue relazioni si rivelavano disastrose.
Perchè desidera tanto un bambino? Vuole rimediare agli errori passati fatti dalla madre, oppure è la società pressante che gli dice che essere donna vuol dire portare un feto in grembo. O ancora è lei stessa che si autoconvince che per farsi amare da un uomo deve dare alla luce un bambino. Una donna confusa. A lei piaceva recitare, e nel film appare chiaro come lei ci mettesse anima e cuore, mettendo in ballo anche il suo passato e i suoi ricordi. Ma il mondo l’amava solo perchè era Marilyn Monroe, e non Norma Jean. Ed è per questo che lei odiava il suo personaggio, che lei stessa aveva creato. Alla domanda: “Come sei diventata Marilyn Monroe?”, lei, difatti, pensa a quello. “Credo di essere stata…scoperta?”. Una mente confusa, ed è questo che Dominik porta con grande sapienza nel suo film Blonde.
Un film che dal punto di vista tecnico risulta instabilmente perfetto: bianco e nero, colore, le immagini prendono varie forme, dissolvenze sdoppiano i personaggi, scelte compositive particolari, similitudini e allegorie. Tutto unito per formare quello che apparentemente sembra un insieme di immagini senza senso. Ma il senso lo assumono, invece, le emozioni di Norma Jean, la sua confusione mentale, la sua instabilità emotiva. Un film che passa dalla realtà alla finzione, in un vortice confuso che è la sua testa.