Non tutto è perduto

Non tutto è perduto

09/25/2022 0 Di Sorano
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“Il viale gli sembrava una strada che conduceva verso l’ignoto, il Maggiolino somigliava al Nautilus di Verne, la casa dove era diretto era un castello sconosciuto, e il suo ufficio con l’affresco dell’Annunciazione un ricordo lontanissimo”

Non tutto è perduto è l’ultimo libro di Marco Vichi sulle avventure del Commissario Bordelli.

Nel corso degli anni abbiamo imparato a conoscere Franco Bordelli, un commissario della Pubblica Sicurezza che ha vissuto sulla pelle l’orrore della Seconda Guerra Mondiale, ma non per questo ha perso la voglia di vivere e godere pienamente la vita.

Vichi scrive in maniera pulita, diretta, senza fronzoli presentando un Commissario con uno spiccato lato umano, incline a lasciar andare anche rei confessi, vittime della vita e delle circostanze.

In questo libro, però, Franco Bordelli non è più un Commissario. La temuta pensione è arrivata, l’affresco dell’Annunciazione non sarà più testimone delle riflessioni dell’ex Commissario – ora ex questore vicario – e del perspicace Piras. Ma è davvero possibile abbandonare un lavoro svolto per un quarto di secolo?

Con la complicità del vice commissario Piras e del Questore Di Nunzio, Bordelli si troverà nuovamente in prima linea.

TRAMA

Franco Bordelli è da pochi giorni in pensione. Il famigerato giorno è arrivato e la malinconia si fa sentire. Per venticinque anni è stato a capo della Pubblica Sicurezza di Firenze, adesso è un pensionato con una fidanzata giovane e bella, Eleonora. Cliché? Forse, ma in fondo, tutte le storie d’amore sono un cliché.

Poi ci sono le cene con la Confraternita animate dai racconti a fine serata e il vin santo del nonno di Ennio, le passeggiate nella campagna dell’Impruneta assieme a Blisk e i libri della sua amica Alma.

In sottofondo, come un fastidioso sassolino nella scarpa, si aggira il ricordo di quell’unico omicidio che Bordelli non è stato in grado di risolvere. Era il 1947 e Franco Bordelli era un Commissario alle prime armi. Come primo caso di omicidio gli era stata assegnata l’uccisione di un ragazzo figlio di un industriale fascista. Prima che potesse svolgere indagini approfondite, Bordelli era stato raggiunto dall’ordine di archiviare il caso come vendetta dei partigiani contro il padre.

Era stata davvero una vendetta partigiana? A quella domanda Bordelli non poteva dare alcuna risposta. Al tempo non aveva avuto la possibilità di svolgere indagini accurate; erano gli anni immediatamente dopo la guerra e certe acque era bene non imputridirle ulteriormente.

Adesso che era in pensione, però, aveva il tempo e la pazienza per riaprire un’indagine mai davvero avviata.
Con l’aiuto del vice commissario Pietrino Piras, del Colonnello Arcieri e di altri collaboratori della Questura, Bordelli riapre l’indagine del ‘47.

Parallelamente, Bordelli si trova a collaborare con Piras per risolvere altri due casi: l’omicidio di un prete di campagna e l’arresto di un pedofilo.
Ancora una volta Bordelli e Piras dovranno fare i conti con verità scomode e deprecabili. 

Sullo sfondo una scomoda domanda etica: cos’è la giustizia? Forse quella dibattuta nelle aule dei tribunali? O, forse, c’è una giustizia, quella morale, che impone scelte tecnicamente illegali che però servono un bene superiore?

Ancora una volta Vichi porta il lettore a riflettere sul concetto di giusto, di bene e male, a camminare su quella tagliente lama di rasoio.

CONSIDERAZIONI

Il libro scorre piacevole nella lettura ricco di aneddoti di vita dell’ormai ex commissario Franco Bordelli. Passato e presente si intrecciano nella vita del protagonista e degli altri personaggi. Immancabili i racconti della Confraternita, le riflessioni con Dante, la presenza di Rosa e le uscite con Eleonora.

Un bel libro, piacevole da leggere, forse meno noir e più introspettivo degli altri. 

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