Che cosa succede quando leggiamo una poesia?
02/12/2022La poesia: parole comuni fuori dal comune
Che cosa succede quando leggiamo una poesia? Non so se vi è mai capitato di farvi questa domanda.
La poesia sembra contraddistinguersi dal linguaggio d’uso per un certo scarto dalla norma, ossia per un discostamento dal linguaggio standard, che può avvenire tanto per eccesso dalla norma che per azzeramento della norma. Nell’uso comune della lingua raramente capita che s’intrattenga una conversazione sulla microbiologia servendosi di metafore, metonimie o anafore. Una metafora, ad esempio, è un tipico dispositivo retorico che si trova utilizzato spesso in testi poetici. Come dicevo, raramente si trova la metafora fuori del suo habitat – per così dire – naturale. E, in generale, questo scarto dalla norma risulta più evidente con tutti quei messaggi codificati del linguaggio che sono diventati di uso abituale. (Si pensi ai proverbi e ai modi di dire).
Che cosa succede quando leggiamo una poesia?
È tutto un fatto di “difficoltà”?
Una prima differenza s’incontra – ad esempio – quando ci s’imbatte in tutti quei testi persuasivi che hanno come finalità quella di indurre il fruitore di quel testo a compiere un’azione. Penso ai volantini pubblicitari o alle pubblicità televisive, che molto spesso fanno uso di figure retoriche, come le figure di ritmo. (Quale miglior modo per assicurarsi che un cliente compri il mio prodotto anziché quello della concorrenza, se non ripetergli più volte che “Il mio prodotto è il migliore”?). Penso anche a tutte le pubblicità profilate che ci capitano online, sui social, ecc.
Un testo persuasivo ha appunto come finalità la persuasione, ciò l’indurre un soggetto a fare qualcosa. La poesia è un testo di natura diversa, la sua finalità è semplicemente quella di esprimere sé stessa. Che poi essa si serva di figure di persuasione, o che persuada il lettore a fare qualcosa, non è importante: il suo fine è di esprimere sé stessa, anche quando tenta di persuadere il lettore.
Un primo metodo dunque per riconoscere una poesia è l’apparizione di questi dispositivi, che sono le figure retoriche. Essi sono indizio di quel tipo d’uso del linguaggio che ci fa capire che il testo che stiamo leggendo non è un estratto conto, bensì una poesia.
Il secondo metodo che ci permette di riconoscere una poesia da un cartellone pubblicitario è che generalmente la poesia presenta una qualche difficoltà, di analisi e di interpretazione. Quasi mai si riesce a capirla con una sola lettura.
Un esempio pratico
Se scrivo:
Ti offriamo emozioni che non hai mai provato!
e poi scrivo una cosa come questa:
Ti offriamo
emozioni
che non hai mai provato
nel primo caso è lecito pensare a una cartellonistica di un’agenzia di viaggi, e non ci sarebbe nulla di strano. È tutto perfettamente al suo posto:
- L’uso informale del “tu” che avvicina il cliente.
- Il fare leva sulle “emozioni”.
- L’enfasi finale tramite l’uso del punto esclamativo.
- Il fatto che si “offra” – nel momento presente – qualcosa che ancora non si è “mai provato”.
Nel secondo caso, invece, nulla sembra essere al suo posto:
- Innanzitutto lo spazio bianco che circonda il testo è un primo motivo di timore.
- La totale mancanza di punteggiatura, anche dell’enfasi finale, rende il testo profondamente ambiguo, non sappiamo dire se si tratti di uno scherzo o di qualcosa di serio.
- Quel “ti offriamo” in incipit circondato da spazi bianchi a destra e a sinistra non è poi così amichevole come lo era nell’esempio precedente, anzi, sembra quasi l’anticipazione di un qualche inganno. E in più non sembra rivolto a “noi” in modo personale e intimo, più che altro a una collettività vaga e indistinta.
- “Emozioni” sta da solo, quasi sminuito nella sua musicalità piana, è goffo, non dà nessun calore, il suo significato si svuota.
- “Che non hai mai provato” è la seconda parte dell’inganno del “ti offriamo”, pare la giusta conclusione di un patto con Mefistofele, dove qualcosa viene offerto con l’astuzia di un trabocchetto.
Che cosa succede quando leggiamo una poesia. Prime analisi
Dunque è questo quello che succede quando leggiamo una poesia?
Si potrebbe naturalmente fare un’altra analisi testuale completamente diversa, ma quel che volevo porre in risalto è che nel secondo caso si è portato a termine un ragionamento sicuramente più profondo che non nel primo. La scritta pubblicitaria, anche quando fa uso di dispositivi retorici, resta sempre nel regno della comunicazione d’uso.
La poesia, per contro, investe un livello di comprensione tutto diverso. E la prima cosa che notiamo è che, mentre il linguaggio d’uso oppone poca resistenza alla sua comprensione (non c’è da fare alcuna attività di interpretazione quando nostra madre ci chiede di andare a comprare il pane), il testo poetico invece cozza irrimediabilmente con il nostro senso critico.
Poesia come resistenza
La poesia presenta dei “problemi”, ci pone una sfida, ci chiede di essere interpretata.
Ed è interessante notare che lo stesso insieme di parole disposto secondo criteri diversi dà origine a significati diversi: nel primo caso che abbiamo preso come esempio, infatti, il significato della frase è palese, esso significa quello che reca scritto. Nel secondo caso, invece, il significato lavora su un altro livello distaccato dalla dimensione della scrittura. Ciò che emerge da questa semplice considerazione è che il testo poetico – comunemente – oppone una certa resistenza. Esso “ci resiste”, presenta una certa difficoltà che il nostro senso critico è chiamato urgentemente a risolvere.
Ma questo resistere del testo poetico è anche la più autentica garanzia che il testo poetico esista. Il testo poetico presenta un carattere che gli altri testi non presentano, ossia la sua urgenza di essere interpretato, la sua necessità di essere risolto al più presto. Una cartellonistica pubblicitaria non presenta nessun carattere d’urgenza, perché, se non posso permettermi di andare in vacanza, usare artifici retorici per ingraziarsi il cliente non pone nessuna questione di necessità o di urgenza, hai voglia a usare il “tu”!
Invece, il testo poetico pone subito la questione come qualcosa d’irrimediabile e di assoluto, come qualcosa che necessita immediatamente una risposta da parte nostra; come qualcosa che ci interpella in modo diretto, essenziale, reale.
E proprio quest’appello diretto è la più profonda espressione di qualcosa che c’è, che esiste. La poesia ci chiama, noi dobbiamo rispondere, e molto spesso non è facile risponderle. Se la poesia non avesse questo carattere di resistenza-esistenza non potremmo avvertire il suo appello, la sua chiamata, il suo interpellarci per chiederci atti d’interpretazione.

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